I BANCHETTI RINASCIMENTALI.
Entrando nel castello Estense di Ferrara al piano terra si accede in un’ampia sala : è la sala dove sono ricostruite le cucine dell’epoca che appaiono subito maestose, ampie, accoglienti. Cerchiamo di immaginare quante persone ci lavorassero ognuna con mansioni diverse preparando vivande per lunghissimi banchetti. Ebbene tutto questo rende evidente quanto fosse necessario per i nobili riunire attorno alla tavola personalità importanti poiché era proprio questo il luogo ideale deputato per prendere decisioni, creare alleanze o dichiarare guerre
I banchetti rinascimentali erano vere e proprie ostentazioni di magnificenza e sfarzo oltre ad essere una forma d’arte vera e propria infatti uno “scalco” veniva creato conte palatino dell’ imperatore ,un pittore importante accettava di essere pagato per scegliere delle stoviglie , il cuoco competeva con l’artista del cesello trasformando la materia alimentare in materia da modellare.
LA FIGURA DELLO SCALCO.
Ma chi era lo ” scalco”? Il termine deriva dal latino e significa “servitore”. In epoca rinascimentale lo scalco era il soprintendente alle cucine principesche ed aristocratiche. A lui spettava selezionare e dirigere i cuochi e la servitù, provvedere alla mensa quotidiana del suo signore, con cui teneva personalmente i rapporti, ne riforniva la dispensa ed organizzava i banchetti nei minimi dettagli. Nell’opera di Domenico Romoli detto il Panunto “La singolar dottrina” si descrive la mansione dello scalco:” figura appartenente ad una condizione sociale abbastanza elevata, tale da consentirgli di conoscere le cose di cucina non meno che la vita di corte o gli scrittori classici e moderni”- Quindi non un semplice servitore ma un cortigiano, un gentiluomo per nascita ed è per questo che, a differenza dei cuochi , poteva vestire in modo raffinato e portare baffi ,barba e parrucca.
Egli poteva utilizzare i soldi del padrone per acquistare gli approvvigionamenti disponendo di somme ingenti. Nelle sue competenze c’era la preparazione delle complesse liste dei pranzi, tenendo conto del gusto di ciascun invitato, del cerimoniale, della stagione, delle derrate alimentari disponibili e delle ricorrenze religiose. Decideva il contenuto del menu, ne era il responsabile e sovrintendeva ad ogni operazione riguardante i servizi. Insomma: si accertava per tempo delle necessità e bisogni della Corte trasformandosi così nella “mente del Principe” quando questi si approssimava alla tavola. Spesso i banchetti avevano una scenografia molto articolata,duravano ore,a volte giornate intere e a volte più giornate.
GLI ANTENATI DEGLI ATTUALI FOOD AND WEDDING PLANNERS.
Uno degli uomini che seppe incarnare al meglio presso la corte Estense questa figura fu Messibugo, al secolo Cristoforo Messi. Messibugo organizza un banchetto per 104 persone nel gennaio 1529 voluto da Ercole II a base di carne e pesce al quale partecipano personaggi d’alto rango. Si dice che durante il banchetto fu rappresentata la Cassaria commedia di Ludovico Ariosto. Nella domenica di carnevale del 1540 gli viene commissionata una cena a casa Costabili ( famiglia molto importante a Ferrara). Deve preparare per 46 persone e le portate saranno a base di capponi,riso, pernici,lepri e dolci. E gli ingredienti da lui utilizzati per preparare i suoi piatti come le polpette di sturione o la frittada di caviaro offrono lo spunto per ricordare il negozio di via Mazzini della Nuta, Benvenuta Ascoli, ebrea che tenne la gastronomia in via Mazzini fino al 1938 quando,a causa delle leggi razziali, dovette andarsene.
Ma ne ricordiamo altri : Antonio Latini tra l’altro uno dei pochi nati con umili origini e capace per merito e conoscenze di diventare scalco all’età di 28 anni prestando servizio in diverse corti e venendo insignito del titolo di cavaliere dello Speron d’oro per poi compilare “Lo scalco alla moderna, ovvero l’arte di ben disporre i conviti” che diede alle stampe in due volumi tra il 1692 e il 1694.
Non meno importanti erano le figure del “trinciante”, del “coppiere”, e del “bottigliere”.
Il primo come suggerisce il nome era abilissimo nell’uso di forzine e coltelli rappresentando un surrogato del braccio e della bocca del Signore di fronte al quale tagliava ,sezionava e assaggiava ogni pietanza a lui destinata. Il secondo ed il terzo avevano l’incarico di offrire la coppa al tavolo del Signore ed assaggiare le bevande per provare l’assenza di veleni. Un’interessante descrizione dei due attori ci viene fornita da Domenico Romoli :”…della coppa, bicchiere e altri vasi che servono per la bocca del vostro padrone, non se ne faccia mostra fino a tanto che egli sia posto a tavola. Così un bottigliere e un coppiere è necessario abbiano gusto, sapore e odore e che essi sien bevitori….”
Caratteristiche importanti e necessarie per figure professionali dell’epoca ora scomparse ma che sono alla base della ristorazione moderna.